Accrochage @ Punta della Dogana
20:06
Accrochage non è una mostra tematica, nasce piuttosto da una semplice regola che si è posta la curatrice Caroline Bourgeois: selezionare opere della collezione Pinault che non fossero mai state esposte da quando sono state acquisite.
Tra le settanta opere alcune risulteranno familiari, non mancano infatti i nomi noti, ma la Bourgeois si è detta determinata a usare questa occasione per spingere artisti che non sono mai stati esposti nelle sale veneziane.
Pur nella loro diversità, il lavori scelti sono accomunati da una semplicità formale che nasce da gesti o pensieri minimali, dalla ripetitività, e dall'uso di non-colori con il bianco a fare da comune denominatore.
Tra le settanta opere alcune risulteranno familiari, non mancano infatti i nomi noti, ma la Bourgeois si è detta determinata a usare questa occasione per spingere artisti che non sono mai stati esposti nelle sale veneziane.
Pur nella loro diversità, il lavori scelti sono accomunati da una semplicità formale che nasce da gesti o pensieri minimali, dalla ripetitività, e dall'uso di non-colori con il bianco a fare da comune denominatore.
Bianchi sono i materassi di Pier Paolo Calzolari (che stavano nella soffitta di Pinault dalla loro acquisizione nei primi anni '70) legati da quelle che sembrano corde, ma che ad un esame più attento si rivelano dei tubi di refrigerazione coperti di uno strato di ghiaccio, così come i grandi pannelli di metallo, disposti come un trittico di una pala d'altare, lentamente mutano in una cornice di cristalli di giacchio. Continuando si incontrano le delicate e completamente bianche sculture di Fernanda Gomes, gli oggetti modernisti di Absalon e le tele lavorate con strumenti da orefice di Prabhavathi Meppayil.
Il cubo centrale è destinato ai dipinti murali di Sol LeWitt che giocano con la dialettica del pieno/vuoto emergendo in negativo dalla parete nera parzialmente ricoperta di bianco; le sei opere, che esistono solo come set di istruzioni, sono qui dipinte a tutta altezza e offrono il loro effetto massimo. Anche gli Schermi di Fabio Mauri non trasmettono nient’altro che il vuoto e segnano l'inizio dei una nuova era, paradossalmente attraverso la parola "fine".
Non mancano note ironiche come il cubo di polistirene di Henrik Olsen, parodia dei codici linguistici del minimalismo, Display # 27 - Barn Wall di Haim Steinbach una parete di granaio che cela dietro una piccola porta un secchio di latte, mentre aprendo quella che sembra l'entrata principale ci si trova davanti alla parte posteriore non verniciata del lavoro, o Young Man di Charles Ray, scultura che si legge dalla parte posteriore come una statua classica, ma da davanti è un ritratto contemporaneo che riproduce nel dettaglio tutti i difetti del modello. Infine lavori più perturbanti come l'installazione di Philippe Parreno accompagnata dalla performance Ann Lee ideata da Tino Sehgal (visibile nelle prime sei settimane della mostra) e il mondo dispotico del video di Pierre Huyghe.
Il risultato è un'esposizione che offre una tregua minimalista dal sovraccarico di immagini a cui siamo abituati, una pausa, anche visiva, dal trambusto di Venezia.
Minimal forse, ma non affatto gentile o insipida: “ho voluto mostrare come minimale possa voler dire molto," ha spiegato la curatrice "la mancanza di espressione, non significa una mancanza di significato".
Pier Paolo Calzolari _ Senza Titolo (pala di ferro, lumini, pala di rame), 1989-1990 |
Pier Paolo Calzolari _ Senza Titolo (Materassi), 1970 |
Gunther Uecker _ Weisse Bilders (Quadri bianchi), 1989-1992 |
Prabhavathi Meppayil _ Untitled series-1, 2010 |
Fabio Mauri |
Louise Lawer _ Monogram // Fernanda Gomes
Peter Dreher _ Tag um Tag guter Tag (ogni giorno è un buon giorno), 1974-2014 |
Edward Krasinki |
Niele Toroni |
Michel Parmentier |
Franz West _ Lemurenkoofe (teste di Lemuri), 1992 |
On Kawara _ SEPT.13, 2001 |
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